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Il progetto 'Giu' le Sbarre'

Diceva un detenuto che tra la finestra della sua cella e la televisione senza dubbio sceglieva quest’ultima. Sì, perché con tutti i suoi limiti, la tv è l’unico modo per vedere (e capire) cosa c’è intorno. In fondo, il progetto “Giù le sbarre” è nato proprio da questa constatazione. E il primo obiettivo che si è posto è stato quello di fornire utili strumenti di comprensione del mezzo televisivo. Ci siamo riusciti? Direi di sì, e la prova sta nell’attenzione che i detenuti riservavano ai programmi di tutti i canali, con una capacità di critica che ci sorprendeva sempre. Ogni incontro, nella biblioteca della Fortezza, cominciava con mezz’ora di analisi (la loro) su tutto quello che avevano visto nei giorni precedenti: telegiornali, talk-show, documentari, fiction…
Il primo anno (era il 2007) abbiamo semplicemente accompagnato questo percorso di formazione e auto-apprendimento del gruppo. Gli aspiranti video-giornalisti erano una dozzina, di età diversa, di nazioni (e regioni) molto lontane una dall’altra. C’era chi aveva l’attitudine a raccontare le storie, e chi era più portato ad usare la telecamera. Piano piano, esaurita la parte teorica, siamo passati alla “pratica”: quella della telecamera e del microfono. Primo banco di prova il bel concerto degli Istentales (gruppo sardo famoso in tutta Italia) nel cortile del carcere. Un ottimo lavoro (giornalistico e tecnico), un biglietto da visita dell’intero progetto, una spinta in più per questi “ragazzi”.
Di qui è cominciato un cammino affascinante, durato due anni. Con i redattori che acquisivano consapevolezza dei propri mezzi e si sentivano sempre più partecipi dell’iniziativa. Proponevano temi, scrivevano testi, pensavano ad immagini e interviste. Un lavoro eccellente, di grande spessore (e lo dico con vent’anni di esperienza alle spalle). Il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra aveva consentito l’acquisto di una buona telecamera, quello del Cesvot (l’anno dopo) ha permesso di dotare il carcere di un computer con un programma di montaggio. E un altro è stato affidato all’associazione “Spazio Libero”, composta da volontari encomiabili, per la passione e l’impegno, che hanno sempre accompagnato con entusiasmo questa nostra idea.
Il prossimo traguardo che vorremmo raggiungere è quello di creare un vero e proprio “laboratorio video” all’interno della Fortezza, con altri computer e programmi di montaggio più sofisticati. E con una formazione ancora più intensa per tutti, per i detenuti e per gli operatori del carcere.
In fondo proprio per i detenuti (contiamo di mantenere il nucleo del vecchio gruppo e di integrarlo con nuove energie) questo sarebbe anche un modo per crearsi una “professionalità” in un settore dove un po’ di lavoro c’è sempre. E per chi opera nel carcere (agenti, educatori, volontari) diventerebbe un arricchimento personale, oltre che uno strumento per diffondere la conoscenza “televisiva” del loro mondo.
C’è un ultimo aspetto positivo del progetto che vorrei sottolineare: “Giù le sbarre” ha abbattuto tante barriere di tipo culturale, certo, ma molte anche di quelle “fisiche”. Grazie allo straordinario impegno della direzione e di alcuni agenti (oltre che dei volontari) siamo riusciti a portare avanti quella che all’inizio ci sembrava solo una scommessa. E che, ne siamo certi, continuerà a portare i suoi frutti.
  Antonello Riccelli,
giornalista di Telegranducato e referente del progetto
 

Il progetto, a causa della mancanza di fondi, si è interrotto da qualche anno. Si spera che presto possa riprendere, visti i risultati ottenuti.